Wellington, a sud dell’isola del nord

26 ottobre

Capitale della Nuova Zelanda, Wellington è sede del Parlamento e del Governo neozelandese. Si trova giù in fondo all’isola del nord, in posizione centrale rispetto al paese intero.
Tra Wellington e Auckland c’è rivalità forse come accade in Italia, tra Roma e Milano.
A Wellington restiamo una notte giusto il tempo di visitare le cose principali per poi ripartire attraversando lo stretto di Cook che separa le due isole. Con l’arrivo a Wellington finisce la prima parte del viaggio. Da domani saremo nell’isola del sud, cambieranno paesaggi e farà più freschino e soprattutto in giro ci sarà ancora meno gente.
Il viaggio per arrivare a Wellington lo facciamo il giorno 25 partendo da Taupo. Percorriamo con varie soste fotografiche e non una distanza di circa 380 kilometri. In sostanza attraversiamo tutta la parte sud dell’isola del nord, potendo vedere come varia il paesaggio dal parco nazionale di Tongariro a città come Bulls, Levin che sembrano essere grandi autogrill per gli automobilisti.
La parte più interessante di Wellington, oltre ad una veduta pazzesca della città che vi propongo più sotto, è senz’altro la visita al museo nazionale Te Papa.

Wellington in tutto il suo splendore


Abbiamo la possibilità di approfondire di nuovo la cultura maori, che devo dire personalmente è una parte del viaggio in Nuova Zelanda che mi attira in modo particolare.
Il museo contiene una MARAE versione moderna. Si tratta di una costruzione fatta a capanna, in legno, presente in ogni villaggio delle tribù maori, che serve come spazio comune per riunire le famiglie e celebrare gli eventi più importanti della comunità, come matrimoni, e altre celebrazioni religiose. L’accesso a questo spazio è consentito solo agli appartenenti delle tribù. La parte interessante della marae presente al museo è che è stata volutamente costruita per accogliere anche chi non fa parte della comunità maori, per dare un messaggio di inclusione e di accoglienza dei maori verso ‘gli altri’ i cosiddetti paheka (che possiamo tradurre con il termine straniero, diverso).
Quando i Maori hanno assistito all’arrivo degli inglesi hanno assunto che loro erano i normali autodefinendosi appunto maori e considerando gli occidentali i diversi. Dunque maori significa normali. Noi invece siamo i paheka, i diversi.
Aggiungo un’ultima osservazione sul concetto di proprietà che sempre noi, i paheka, applichiamo alla terra considerandola un bene di cui poter disporre e dunque vendere e comprare. È sulla base di questo assunto che gli inglesi colonizzatori proposero ai maori il famoso trattato di Waitangi. Ma i maori del vero contenuto del trattato compresero ben poco, dato che per la loro visione della vita, la terra non è un bene di cui l’uomo può disporre ma è una risorsa da utilizzare con accuratezza che non può essere sottratta al popolo che la occupa, con un accordo scritto.
Mi fermo qui, ma ormai penso che sia chiaro che io tifo un sacco per i maori e la loro filosofia di vita.
State connessi!!

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